Fausto Roma, nato a Ceccano (IT) nel 1955, compie i suoi studi presso il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti di Frosinone.

Dal 1977 opera nel campo dell’arte come pittore e scultore. La costante che sin dall’inizio caratterizza il suo lavoro è il ricorso al simbolo o, se si preferisce, al valore simbolico assunto dai segni, interpreti di esperienze sensoriali. Dopo questo periodo, Fausto Roma rivolge la sua attenzione verso la scultura, dapprima come estensione aerea fantastica, che dialoga e conquista lo spazio, poi come corpo definito ed autonomo, opportunamente plasmato. A partire dagli anni novanta Fausto Roma prendendo come archetipo la forma totemica, inizia a costruire sculture-architetture, indirizzando il suo interesse verso un innalzamento dell’idea del simbolo.

 

2020

“Acquatica”, Galleria Romberg, Latina (IT)

2019

“Acquatica”, Ca’ Zenobio degli Armeni, Venezia (IT)

2018

“Tracing Jazz”, Ambasciata Americana, Roma (IT)

2017

“Terra Madre”, Agralia, Sora, Frosinone (IT)

2016

“At First Sign”, Satura Gallery, Genova (IT)

“Fausto Roma. Una Visione Concreta”, Grossetti Gallery Fuori Salone, Milano (IT)

2015

“On the traces of Jazz”, a cura di Peter Frank, LAAA Gallery 825, Los Angeles (USA).

“On the traces of Jazz”, Istituto Italiano di Cultura, Los Angeles (USA)

2014

“Le Terre del Caffè”, a cura di Claudio M. Strinati, con un testo di Philippe Daverio, Complesso del Vittoriano, Roma (IT)

2012

“Nuove Terre”, Centro delle Arti “La Saletta”, Frosinone (IT)

2010

“Anteprima Terra”, Archivi del 900, Milano (IT)

“Terra”, Castello dei Conti, Ceccano, Frosinone (IT)

2009

“Per…Bacco”, Galleria La Pigna, Roma (IT)

2008

“Fausto Roma – Alla ricerca della perfezione”, B&O, Roma (IT)

2006

“La Grande Parete” a cura di Claudio M. Strinati, Palazzo Venezia, Roma (IT)

2005

Personale presso gli Horti Sallustiani, Roma (IT)

 

Mostre Collettive (selezione)

 

2017

London Art Biennale, Londra (GB)

2016

12° Fiera Mercato d’Arte Contemporanea, Genova (IT)

2015

Expo Padiglione Coldiretti, Milano (IT)

2012

“Oasis International”, Osaka, Giappone (JPN)

“Oasis 2012 in Rome – RE+NAISSANCE21”, Museo MACRO, Roma (IT)

2011

54° Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Venezia (IT)

2009

“Decoro nel tempo 1974 – 2009”, collettiva organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Frosinone, Alatri (IT)

 

“Fausto Roma è innegabilmente un personaggio eccentrico nel paesaggio attuale delle arti in Italia. Sembra possedere un buon umore visivo che innegabilmente va controtendenza. Ama il colore, e il segno che lo articola come se fosse una scrittura indecifrata. Sembra un narratore, di quelli curiosi apparsi da una sorta di magia arcana. Uno scrittore descrittore della propria pittura. […] La sua pittura dialoga naturalmente con i suoi manufatti scultorei. Le sue geografie riassumono in modo rinnovato un passato recentissimo che sembrava relegato già in un sedimento di storia. E il risultato è particolarmente gioioso: torna vitale con convinta energia e si riprende sfacciato il “diritto alla vita” all’esperimento. Porta con sé un umore rallegrante. Come la terra laziale densa nella quale vive.”

Philippe Daverio, Le Terre del Caffè, 2014, Skira editore.

“Tutte le arti aspirano alla condizione della musica, perché la musica non è altro che forma” (Pater, 1873). Ecco, nell’arte di Fausto Roma la forma musicale prende corpo in un reticolo di linee che ‘avvitano, nell’astrazione dei segni, nella festa di colori che tuttavia accompagna questi scabri esercizi intellettuali. Li c’è cultura e natura, c’è il cielo e la terra, coniugati da un tratto di biro. C’è un linguaggio totemico che rimanda al primordio, che assorbe forme Incas, oppure dei Vichinghi, dei Celti, degli Etruschi. E c’è al contempo l’uso di fotografie satellitari, sicché il moderno irrompe nell’antico, e lo riscopre, e infine l’avvolge in un gioco di rombi e di spirali, di strisce e filamenti. O almeno è questa la percezione che ne è rimasta a me, semplice spettatore senza patenti accademiche nella critica d’arte. Ma dopotutto davanti a una tela o una scultura puoi soltanto dire: è bella, non è bella. È la bellezza la sua giustificazione. Fausto Roma v’attinge in due modi. In primo luogo sottraendo, mirando all’essenzialità e alla leggerezza, come il Calvino delle Lezioni americane. In secondo luogo distanziandosi rispetto al suo obiettivo, sbirciandolo dall’alto o per traverso. Perciò in ultimo ci impartisce una lezione: occorre allontanarsi per vedere da vicino. Vale nell’arte, vale nella vita.”

Michele Ainis, Le Terre del Caffè, 2014, Skira editore.

“Preziosa alchimia di suggestioni arcane, in bilico fra memorie archeologiche e debiti contemporanei, accattivante creazione artistica di Fausto Roma provoca e incanta per l’eclettismo e la varietà, qualità entrambe luminosamente congiunte a quel dimenticato, antico “mestiere” di artista-artigiano che, obliato o tenacemente misconosciuto, costituisce l’elemento propulsore caratteristico delle sue opere, plastiche o grafiche che siano. Dai graffiti camuni dell’età del bronzo alle gemme incise minoiche, dalle poetiche istallazioni mobili di Alexander Calder ai tessuti anatolici ed alle maschere Fang del Gabon, Fausto Roma elabora e rifonde genialmente il passato più remoto con i grafismi di Mirò, le sculture cicladiche con l’universo onirico di Klee, gli amuleti preistorici con gli ideogrammi di Burri, in una galassia di segni e di significanti d’inattesa versatilità. Complementi d’arredo, quadri, gioielli e installazioni partecipano, in maniera assolutamente paritaria, d’una stessa ispirazione che sa attraversare il tempo e lo spazio più remoti senza smarrire nulla della propria smagliante genialità, in una celebrazione della manualità sacrale e magica di un artefice che si pone in immediata sintonia emotiva con le fonti mai dimenticate della propria storia personale e del vissuto collettivo, per raggiungere quel “paese innocente” della creazione d’Arte, secondo le parole di Giuseppe Ungaretti, che solo è in grado di conferire all’elaborazione creativa del singolo il valore, e l’onere poetico, di una sofferta, meditata condivisibilità.”

Vittorio Maria de Bonis, L’Estensione dell’Immagine. La Strutture delle Forme, 2005

“Oggi il lavoro di Fausto Roma si situa con pieno diritto all’interno di quel più vasto dibattito che vede eliminata la dicotomia astrazione/figurazione e si colloca in quell’area, che, pur traendo origine dalle problematiche sollevate dalla Transavanguardia italiana e internazionale, ha sviluppato una memoria di colore e della pittura che guarda con piacere agli aspetti costruttivi e poveri delle materie più eterogenee. Il recupero di legni, il loro assemblaggio, i cristalli, le forme ripetute e strutturate in continuità variata, sono tutte ad indicare una disponibilità operativa che trova sempre Fausto Roma pronto ad offrirci ogni volta la grande apertura di un lavoro che non trova limiti oggettivi e che rende possibilità reali le fantasie ludiche dell’arte. […] Il progetto ludico di Fausto Roma si viene ad incontrare cosi con la capacità manuale felice e nomade della pittura. Un grande gioco insomma. Che gioca l’arte con le mani e con gli occhi, che ritrova se stessa negli strati radicati di una cultura visiva, che vede l’artista mago e giocoliere, funambolo e architetto. Da questo punto muove un’altra condizione del lavoro di Fausto Roma: quella più propriamente pensata di un’arte che determina la fine dei generi (pittura e scultura) fondendoli nell’esplosiva miscela dei colori e dei supporti, dei materiali e delle forme. Cosa è pittura? Cosa è scultura? la risposta è: cosa è arte? E se la risposta riprende sempre la domanda nella sua formulazione strutturale e la spinge verso la necessità di un pensiero, l’arte di Fausto Roma si inscrive in questo itinerario di pensiero problematico e attuale, vivace di una genialità che varca i confini di tutti i territori e li rende domande, luoghi di un sapere visivo che la recente storia dell’arte ancora indaga.”

Estratto dal testo di Antonio d’Avossa per Le Radici di una Disponibilità, 1989.

“I dipinti di grande formato nascono da un’indagine sulle creature marine che popolano i corsi d’acqua come il Phlyctenanthus australis, l’Holacanthus ciliaris, il Tridacna crocea e l’Octopus briareus. Colori acrilici assoluti, segni vivi in movimento, popolano le tele dell’artista e trascinano il visitatore dentro l’elemento fluido: l’acqua come sorgente di vita, elemento salvifico, bisogno indispensabile e primario. […] Con la sua epopteia, capacità di guardare al di là di ciò che si vede, abitando tutte le direzioni e misurando le distanze, l’artista ci conduce nel viaggio al confine tra realtà e illusione, costruendo un mondo onirico e vero, ricordandoci, per dirla alla Lacan, che l’impossibile è il reale. La mostra ci offre la possibilità di riconoscere il mondo come un potente e meraviglioso esperimento: Acquatica è thauma, ci culla celebrando la fonte della vita, che è parte di tutti noi, e contemporaneamente colpisce i sensi, oltre il recinto della ragione ci fa toccare con mano una nuova dimensione, perché se “genera azzurro l’azzurro” (M.Luzi, 1985) allora genera bellezza la bellezza.”

Estratto dal testo di Virginia Miele, Acquatica, 2020. Roemberg Arte Contemporanea, Latina (LT)

Caro Daniele,

in ricordo alle nostre lontane passeggiate campestri in cerca di erbe insolite, o di stenti papiri che qui, in Ciociaria, crescono lungo le secche cunette, ho accettato il tuo invito di venire a Ceccano per vedere lo studio del giovane pittore tuo amico Fausto Roma. Situato quasi al limite del paese, fra orti e paritarie murali, fra ombre e primi soli nascenti. Ho apprezzato con immenso piacere le svampanti e svettanti macchie cromatiche del tuo amico e vi ho colto un travaglio interno d’uno che tende a cogliere aspetti della natura e del pronto “io”. Risolti con singolare mano pittorica, come germinanti semi “in fieri” seppure per fili anadiplotici.

Con tanta simpatia, credimi.

Giuseppe

 Da una lettera di Giuseppe Bonaviri a Daniele Majone, 1985